mercoledì 27 febbraio 2013

Gay e terapie riparative: quando si vuole riparare ciò che non è rotto


Per chi non avesse mai sentito parlare di "terapie riparativa dell'omosessualità", ma soprattutto per chi già la conosce, inviterei a leggere quanto scritto.
Questa pratica, come ben risaputo, viola il codice deontologico degli psicologi italiani. L'omosessualità è considerata dalla comunità scientifica una variante naturale dell'orientamento sessuale. Non è una malattia, come già stabilito dall'APA (American Psychiatric Association) nel 1973, per cui non ha ragione di essere curata. Pensare di poterla curare è come ostinarsi a voler guarire una persona perfettamente sana.

Purtroppo si cade in errore quando ci si affida alle ipotesi di persone che, pur avendo una laurea, sono influenzate da una fortissima morale religiosa che tende a prevalere sui presupposti scientifici e l'utilizzo di strumenti conformi alla pratica professionale psicologica. Avere una laurea non sempre è sinonimo di competenza.
Mi sto riferendo ovviamente a personaggi quali Joseph Nicolosi, noto psicologo che da anni promuove le terapie riparative. Lui spiega che l'omosessualità è dovuta ad una carenza della propria identità sessuale, causata da un'alienazione nei confronti di individui dello stesso sesso del soggetto.

Tratto da wikipedia:
"Nicolosi, d'altra parte, sostiene di non considerare necessariamente l'omosessualità in sé come una malattia, ma di offrire semplicemente una terapia volta a sanare la condizione di egodistonia di quegli omosessuali che non desiderano accettare lo "stile di vita gay" propinato, a suo dire, dalle associazioni gay attraverso le terapie affermative - posizione comune a molti specialisti che nel corso del Novecento hanno proposto terapie simili - ma allo stesso tempo afferma anche di non aver mai incontrato omosessuali egosintonici, a sua impressione, realmente contenti della propria omosessualità."
Che lui non li abbia mai incontrati mi pare ovvio, chi vive serenamente il suo orientamento omosessuale sicuramente non andrebbe mai da un soggetto simile per un consulto. In secondo luogo, un omosessuale egodistonico è una persona che pur essendo omosessuale non si accetta nella propria condizione. Facile quindi fare un lavaggio del cervello a chi già di per sé non accetta la propria omosessualità, per cui pagherebbe oro pur di uniformarsi all'orientamento eterosessuale, orientamento tanto decantato dalla società come unico "naturale e sano". 
Per tale motivo io, come del resto tutta la comunità scientifica, rigettiamo queste terapie perché rivolte esclusivamente a persone fragili che non riescono a convivere con la propria omosessualità.
La malattia non è l'omosessualità, ma la società e la religione che giudica negativamente quest'orientamento sessuale, rendendo difficile la vita a chi non è eterosessuale.

La comunità scientifica boccia tali terapie anche in seguito a numerosi studi che, oltre ad aver scartato l'ipotesi di omosessualità come malattia, hanno sempre rigettato l'idea che il proprio orientamento sessuale possa cambiare.

Queste terapie approfittano di genitori disperati, persone fragili e spaventate dalla loro condizione di omosessualità, e che si affidano a questi pseudo-psicologi che non fanno altro che sfruttare la loro autorità in campo psicologico per imporre i propri valori morali. Questo sottolinea un uso eticamente scorretto della propria professione.

In Italia infatti il codice deontologico degli psicologi vieta ogni tipo di terapia volta a cambiare un orientamento sessuale.


Lo stesso articolo 4 dice: 
“Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnìa, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.”
Altrettanto l'articolo 5 afferma: 
“Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate”.

Come ci si può immaginare, i risultati di queste terapie non sono per niente affidabili. La maggior parte dei dati che queste terapie portano alla luce è solo di uomini, a loro detta, guariti completamente. Ovviamente sempre tacendo sugli altrettanti risultati negativi di chi è tornato ad avere relazioni omosessuali. Si tace sulle persone che hanno aumentato il disprezzo in loro stessi durante e dopo la terapia. E' più che ovvio che se dopo tali sedute ti viene mostrata continuamente l'omosessualità come una devianza, come una condizione non naturale, ovvio che finisci per odiare ancora di più te stesso se poi ti rendi conto che non riesci a cambiare gusti.

Il risultato apparentemente positivo sarebbe dovuto solo ad un perfetto lavaggio del cervello mescolato ad una gran voglia da parte del paziente di uscire da quella condizione ritenuta non normale da lui stesso, riuscendo infine ad auto convincersi di essere cambiato. 

In tutte le terapie svolte negli USA dalla NARTH, ma purtroppo anche in Italia, non si fa una reale differenza tra comportamento e orientamento omosessuale, nessuno si accerta se ci sia una semplice attrazione fisica verso persone dello stesso sesso o anche innamoramento. Non si fa alcuna differenza tra chi è bisessuale e chi è omosessuale, e ciò non toglie che chi dichiara di non essere più omosessuale non sia altro che un bisessuale che alla fine della terapia a semplicemente represso la propria parte omosessuale.
Troppo facile in questo modo.

Davide Vari, giornalista eterosessuale di liberazione, si è finto omosessuale per 6 mesi andando ad investigare su questi centri Italiani che ti promettono di poter guarire. Racconta di essere scioccato e nauseato dal metodo, tutt'altro che scientifico, utilizzato da tali centri. A parte l'essere passato tra psicologi e preti durante la terapia, racconta che nessuno mai gli aveva chiesto se si sentiva felice nelle sue relazioni omosessuali e se ne era innamorato, ma semplicemente si limitavano a chiedere quante penetrazioni aveva subito. Perché ovviamente l'essere passivi è il peggiore dei mali, equivale al sentirsi donna, e tale caso è considerato il più grave e difficile da "correggere".

Se siete omosessuali e non lo accettate, fatevi un favore, non spendete soldi inutilmente. Evitate queste inutili terapie. Se siete uomini nessuno vi vieta di stare con una donna, stateci e basta, sposatevi e fate tanti figli se è quello che crediate vi renda felici. Stesso discorso per le donne.
Perché pagare e perdere tempo con gente che vi aiuta solo ad odiare giorno dopo giorno il vostro lato omosessuale? Reprimetelo e basta. Il punto a cui voglio arrivare con questo discorso è che della vostra vita potete fare ciò che volete, soltanto una cosa vi chiedo di non fare: dire che si può guarire.
Non si guarisce da un bel niente, a meno che tu non abbia la varicella.

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